Ebem Hasan Huseyin nasce nel 1961 in un piccolo villaggio chiamato Sirt-Bayran nel Kurdistan turco in una famiglia con due fratelli e tre sorelle. La sua infanzia è segnata fin da subito da ricordi di morte e di guerra.
All’età di soli dieci anni i suoi occhi assistono all’uccisione per pena di morte dei giovani rivoluzionari Deniz Gezmiş, Yusuf Aslan ve Hüseyin Inan: sono gli anni del cosiddetto “Colpo di stato del memorandum”, che nel 1971 traccia una scia di sangue lungo la Turchia. In una gioventù segnata dagli eventi e dalla povertà, germogliano in lui le idee rivoluzionarie e così, da adolescente, prende parte alle prime battaglie per l’indipendenza e la libertà del popolo curdo che, da quel momento, diventano obiettivo di vita e ragione di lotta. Nel 1980 viene arrestato per la prima volta, reo di avere con sé quaranta copie di una rivista politica: viene condannato a otto anni, ne trascorre quattro e mezzo in carcere.
Arrestato una seconda volta nel 1989 con l’accusa di propaganda, sconta sette mesi di prigionia. Torna ad essere perseguitato nel 1992 quando il governo lo ricerca con l’accusa di essere parte del PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan. La pena questa volta è un macigno: 17 anni e mezzo: ne sconta dodici in prigione. Ma non piega la testa e nel 2003, appena rilasciato, riprende la lotta. Arrestato ancora una volta quando nel 2009 il DTP (Partito della Società Democratica) viene bandito dalla Corte costituzionale, viene condannato a nove anni e rilasciato dopo cinque anni mentre il processo è ancora in corso.
Dopo aver trascorso venti anni della vita in prigione, senza più energie vitali, Ebem è costretto a lasciare la Turchia, attraversare la frontiera europea nel 2019 ed iniziare una nuova vita.
Per entrare in Europa è costretto a procurarsi dei documenti con una falsa identità e per questo motivo in Italia viene condannato ancora: un anno e mezzo di reclusione. Trascorre due mesi in carcere e, grazie al supporto legale della cooperativa sociale Arci Lecce Solidarietà, per i seguenti due viene trasferito ai domiciliari con braccialetto elettronico.
Alla soglia dei sessant’anni entra in un progetto di accoglienza SAI per rifugiati e comincia la sua ennesima battaglia legale: sia per il riconoscimento dello status di rifugiato che per opporsi all’estradizione pretesa dalla Turchia. Il tribunale di Lecce che lo ascolta prende tempo e si oppone.
A fine 2021 la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, che ha analizzato la sua storia, gli notifica lo status di rifugiato. A inizio 2022 la Corte d’Appello rigetta la richiesta di estradizione.
Durante tutta la sua vita, Ebem è accompagnato da una penna ed un quadernetto dove raccoglie le memorie sotto forma di poesie, la sua più grande passione. Poesie che sono oggi raccolte e pubblicate in questo piccolo volume Il mio grido è silenzioso.